mercoledì 6 novembre 2013

Giochi proibiti. Two Mothers di Anne Fontaine dalla novella di Dora Lessing, quasi un "good trash"




Il quartetto aussie: Robin Wright, James Frecheville, Xavier Samuel e Naomi Watts




di Roberto Silvestri 

Naomi Watts e James Frecheville
Siamo in un Paradiso femminista, in una sorta di spot per il Shangri-La della famiglia allargata (fino al softcore), meglio se matriarcale, in una fiaba tipo Ricche e famose di Cukor  su una amicizia ultraquarantenne tra due lezzos mai dichiarate che sono amate da uomini molto più giovani di loro, con una caratteristica in più che permette l'high concept. Donne che sono ben dentro la vita e nello stesso tempo ai suoi margini (se fossero invece ultraquarantenni uomini a essere sedotte ognuno dalla figlia teenager dell'altro, saremmo nel territorio della banalità di cronaca)... 

C'è però troppa solennità letteraria 'alta' ed esistenziale o tensione filosofica nella recitazione bigger then life delle due mamme protagoniste, per una farsa boccaccesca come questa. Più Salvatore Samperi che John Waters. 

Xavier Samuel
Certo è che alla prima di questo beach-film in 35mm cinemascope a colori, al Sundance, il pubblico rideva sempre nelle situazioni meno previste... Ma il film è qualcosa di più di una soap opera femminista. Nell'innesto bastardo c'è anche del filone super macho surf del genere beach movie.

Summer lovers, Blue Lagoon, ma anche Scandalo al sole e Spring Breakers... Ci sono beach movies estremamente speciali e più conturbanti dentro il genere "DeriveApprodi" d'ozio massimo - l'estate, il sole, la spiaggia, il mare, il pontile, l'indolenza, la Grecia, il sesso, il non lavoro, la birra, il rock, il vino, le feste di notte, la pina colada, il pub e il relax estremo -  che è di per sé destabilizzante, 'pericoloso', liberatorio e spiazzante per i troppi succubi puritani della religione efficienza, sviluppo, crescita, profitto, fordista e post fordista. 

Ma non è facile fare del 'good trash'. Se invece che il rapporto intimo tra due madri il film si fosse basato sul rapporto intimo tra due padri e relativi figli maschi, in una sorta di doppio Happiness, il film sarebbe stato davvero molto più shocking ed epocale, come si è chiesto qualche critico maschio?

Two Mothers, dalla novella anni ottanta Le nonne dell'anglo-rodhesiana di colore bianco Doris Lessing (pubblicato, nella trilogia di racconti omonima, da Feltrinelli), sceneggiato dal premio Oscar nonché regista british Christopher Hampton (Dangerous Liasons, Mary Reilly, A Dangerous Method), nato nelle atlantiche Azzorre, diretto dalla lussemburghese Anne Fontaine, l'autrice di Coco Before Chanel, già premio Jean Vigo, compagna di Fabrice Luchini,  girato a Seal Rocks, Shelly Beach e Sydney, in New South Wales, costa est dell'Austrialia, perché la delocalizzazione è anche nell'immaginario e il filologo William Friedkin è passato invano, è tra i beach movies "speciali" o tra quelli "semplici"? 

Robin Wright (a sinistra) e Naomi Watts
E' un film di pancia o di testa? Biodinamico o sofisticato? Io lo decriverei come un cocktail da 'larghe intese', piuttosto ardito e indigesto, fatto di vino bianco e birra: la bevanda delle signore borghesi chic (che la sanno lunga e si spaventano per l'età) si mischia inquietantemente con lo sballa-testa dei ragazzini, fatalmente avviati a diventare adulti, mariti, padri...superando la figura materna. Che, se non si comporta come un mostro come si fa a sbriciolare? Bé, siamo ai fondamentali.

Sulla battigia (che in Lussemburgo proprio non esiste) esplode di più la nuda vita, l'immaginazione sfrenata, transgenerazionale e transetnica (basta ricordare i capolavori di William Asher, Roger Corman o Russ Meyer...) e il rifiuto dello sfruttamento uomo/donna, uomo/uomo, uomo/bambino, uomo/animale (bé, tranne nel Sudafrica di Doris Lessing, quando vigeva l'apartheid). 

Avvengono così sconvolgimenti erotici imprevisti, ciò che si sbatte ai margini del consentito (i tre Vanzina, Un ete a la Goulette di Ferid Boughedir, per non ricordare i tanti 'tipi da spiaggia' della commedia italiana classica, Casotto incluso...). Ed è questo il segreto sovversivo del successo del filone 'beach'. Essere dentro la vita e nello stesso tempo ai margini. E' la musica che rende l'impossibile plausibile. 

Robin Wright e Xavier Samuel
Ma qui la musica non ti manda in estasi, non offusca la mente fino all'orgasmo. Sono nove pezzi dimenticabili: Jaqui Hunt, The Bamboos, Cut Copy, Megan Washington, Frankie Goes to Hollywood, Kristy MacColl (che cantano Beautiful trash) e Jessica Tovey che nel film è Hannah, la giovane performer e vocalist normalizzatrice

"Adesso abbiamo superato i limiti", dirà interpretando la sua battuta con la precisione gestuale e sentimentale di un ufficiale prussiano, come sempre, Naomi Watts. Effetto vertigine. Ma ci vuole leggerezza e un po' di ingenuità naif per non prendersi troppo sul serio e estasiare con il good trash. Qui i principi morali wasp sono invece talmente introiettati che nel fuori campo sembra ci sia solo un tribunale da Dies irae di Dreyer. E' colpa di Fontaine? E' colpa di Hampton che ha dovuto dilatare e riempire a sceneggiatura di lungometraggio un racconto tutto a levare?


Anche perché Anne Fontaine non può né vuole cogliere il nucleo prezioso di Le nonne che è evidentemente bio-politico: è malata una comunità come quella boera e razzista che si rinchiude in se stessa e si adora incestuosamente e causa infiniti guai psichici e fisici ai propri figli. Certo anche l'Australia di oggi, molto conservatrice e nazistoide nei trattamenti bossifini degli extra-oceanici corre questo rischio. La parola che più odiano gli aussie non è sempre stata quella più bella e transculturale di tutte, bastard? Questa apoliticità e questo sradicamento da un  contesto socio culturale è cià che fa anche di Adele di Kechiche un oggetto cinematograficamente banale, nonostante anzi proprio per i 'pizzi' e gli arabesque con i quali il film Palma d'oro (non a caso vince questo questo premio floreale) è adornato, fino a farne una sorta di tappeto vegetale di tradizione islamica dove i corpi e il sesso, le coscienze a tutto tondo sono azzerate e trasformate in figurine, in burattini che giocano alla pura segnaletica astratta. E i personaggi fatti a pezzi dalla macchina da presa perdono profondità e non diventano mai individui con una propria soggettività, ma anime controllate da una mano superiore e mi raccomando impenetrabile e aniconica...Il beach movie può correre rischi simili. 


E Two mothers è beach che più beach non si può. Almeno nel set: due ville strepitose da miliardari e contigue, a picco sul mare, con vetrate mozzafiato, una spiaggia infinita, le tavole da surf corte, proprio quelle inventate dagli australiani, lunghi bagni, una zattera fissa per i tuffi che sembra l'Hitchock di Caccia al ladro... Doris Lessing, al festival della letteratura di Mantova nel 2004, spiegava che il suo racconto, tratto da una storia vera, di cui era attendibile testimone, non poteva che ambientarsi in un set solare, a ridosso del mare, tipo Capetown, e che mai sarebbe stata possibile nel rigido e freddo clima nordico...

Si racconta infatti l'evoluzione (prima avventura galante, poi sciocchezza irresponsabile, poi gioco di spessore edonista, poi passione vera, poi ripensamento morale, poi realistica accettazione del tragico errore commesso, poi soddisfazione nostalgica per aver fatto 'la cosa giusta' e promuoversi così nonna responsabile...) di una doppia trasgressione momentanea (durata però due anni circa), e a fin di bene, quasi educativa, da istruttrici sentimentali e amatorie. 

La vedova Lil (Naomi Watts) e la coniugata in stato d'allarme Roz (Robin Wright), mamme bionde anche troppo amorevoli, amiche da sempre, fino a rasentare un rapporto emotivamente lesbico, diventano le amanti, quarantenni e qualcosa di più (ma le star hollywoodiane entrano a un tratto in una età eternamente 'bloccata'), dei loro rispettivi, efebici figli. 

Un doppio "incesto", virtuale e incrociato - più che altro un 'grazie zie' - giustificato dal fatto di trovarsi di fronte, belli e spesso nudi come 'giovani divinità greche', i ventenni, surfisti (grazie alle controfigure) da svezzare, amici per la pelle Tom (James Frecheville) e Ian (Xavier Samuel), il bruno creativo, futuro drammaturgo, tutto suo papà Harold che è insegnante di storia del teatro, e il biondo impiegato, che lavora invece in una società postindustriale della zona. 

E' Roz che adesca subliminalmente Ian, e poi vi si avvinghia, e Tom che risponde con Lil, dopo non tremende resistenze, avendo scoperto - per colpa di una sbronza - la diabolica tresca fatale. I due ragazzi litigano come belve, tra le onde, le due signore si dicono smettiamola, ma le cose evolvono in modo impensabile. Tom è talmente sconvolto che si schianta sulle rocce con il suo surf, e anche qui le risate si sprecano perché qualunque surfer sa gestire le rocce affioranti come una massaia la spesa. E si forma così un affiatato "quartetto di Seal Rocks", tra Durrell, Freud (Christopher Hampton ha scritto il Freud-Jung per Cronenberg) e i Bee Gees.

James Frecheville
Infatti Lil, mamma di Ian, lascia il marito (Ben Mendelsohn) che deve spostarsi a Sydney per lavoro e che lei non ha nessuna intenzione di seguire. E Roz, mamma di Tom, ha perso anni prima il marito in un incidente automobilistico. Sono due donne sole, sempre affascinanti, che non sopportano di essere definite la moglie di o la mamma di, ma che si adorano troppo per farsi distrarre da spasimanti occasionali (come un orribile collega di lavoro che la perseguita finché si arrende quando subodora profumo di Lesbo) o da mariti in trasferta coatta. 

E nutrono il segreto desiderio di diventare le nonne di nipoti che abbiano il loro consenso genetico. Le donne che i loro figli sposeranno, dopo avere inevitabilmente tradite le mammine, infatti passeranno e supereranno un loro meticoloso esame. 

La scena più ridicola e drammaturgicamente meno riuscita di tutte è quando Lil, scoprendo il tradimento metropolitano di Tom (che si invaghisce della sua prima attrice quanto di Gershwin) convince anche Roz a lasciare Ian, che in effetti è ancora innamorato perso, per fargli riabbracciare una fiamma d'infanzia. Il duale torna single.  
E il surf è single. Dove c'è il surf infatti, come in Mercoledì da leoni o in Point Break, e in molto cinema australiano, ecco sentire anche il gusto del confine da non scavalcare, se non con la fantasia, il fremito della Frontiera, bella perché è lì, da coccolare, ma da non più infrangere, se non dentro la coscienza e nell'inconscio. Uccelli di rovo, dal romanzo di Colleen McCullough, hit televisivo del 1983, ambientato anche quello nel Nuovo Galles del Sud, resta un punto di riferimento inarrivabile del good trash. E certamente uno stimolo per Anne Fontaine e per il suo primo film in lingua inglese dal titolo buffamente cangiante, incerto. Prima Le nonne, poi Two mothers, infine, negli Stati Uniti Adore ("Ama"). 16 mila dollari di budget. Oltre 300 mila dollari di incassi, finora. 

Il beach movie è una barriera corallina 'lounge' contro la violenza, il colonialismo e l'imperialsimo (i nemici dei cavalloni non sono forse gli Hell's Angels?). Tranne quando, mentre ci si bacia appassionatamente sulla battigia nelle Hawaii, arrivano i kamikaze giapponesi con gli aerei disegnati da Miyazaky nonno, a distruggere Pearl Harbor (Da qui all'eternità). Ma in quel caso si chiama contrattacco fuori confine per legittima difesa. 


 
Xavier Samuel e James Frecheville, piuttosto perplessi

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