venerdì 8 novembre 2013

Il kolossal post apocalittico buffo e atroce. "Snowpiercer" di Bong Joon-ho. Più atroce che buffo "L'ultima ruota del carro" di Giovanni Veronesi


Roberto Silvestri

Festival Internazionale del film di Roma




2031. Seconda glaciazione. Tutti morti tranne i passeggeri di un lunghissimo treno-Arca di Noé. Un locomotore, inventato da un profetico Messia, tecnocrate alla Luca da Montezemolo, ma più global, e dietro una prima classe de luxe e in fondo una seconda classe infernale. Qui si mangiano manicaretti di carne e pesce e sushi due volte l'anno e ci si droga alla grande di kronol (sostanza tossica lisergica da discarica prodotta sicuramente nelle terre del fuoco), danzando al night, tra una sauna e un'altra, una visita all'acquario, all'orto botanico e dal parrucchiere. Lì si vive senza acqua ammassati l'uno sull'altro, come nei campi di concentramento, con il timore che ogni tanto i ricchi, protetti da soldati anti guerriglia, rapiscano i bambini (e non sono neanche zingari...) o sfracellino qualche arto ai più impertinenti. Sembra 2020 i sopravvissuti di Richard Fleischer....Dopo 18 anni quelli in fondo si ribellano e attaccano la prima classe. Come finirà la storia, sapendo che il nome del regista di questo film è Bong e che Bong è anche quell'ampolla di vetro più braciere che si riempiono rispettivamente di acqua e di droga e che i Simpson scambiano per un 'portamatite carino'?  Ci saranno combattimenti all'arma bianca selvaggi, scontri terrificanti, ma....

Il regista sud coreano Bong Joon-ho, 44 anni
I fumetti francesi vanno molto forte al cinema (soprattutto quelli piratati, cioé scovati contraffatti nel 2005 in una libreria di Seul). Ma non sempre la loro leggerezza acida e swingante è rispettata. A Cannes hanno vinto, con Adèle, grazie a un vero mago del rapporto tra movimento interiore e grafica, Steven Spielberg, presidente della giura, che certo ha visto cose inframol(ecol)ari che gli umani non colgono.  Comunque il suo Lincolm mi sembrava molto più lesbico, come opera storica deviante e destabilizzante.

John Hurt, il vecchio capo dei rivoltosi
Molto atteso alla prima italiana, e accolto da un bel clima primaverile e da applausi generosi, anche la satira dello scontro capitale/lavoro e dell'owellismo tratto dalla novel graphic - stile Metal Hurlant, pubblicata dalla rivista A suivre a cominciare dal 1982 e 1983, scritta da Jacques Lob, fino al 1990 e poi da Benjamin Legrand, e disegnata in bianco  nero da Alexis e poi dall'underground Jean-Marc Rochette - Snowpiercer, un affusolato e fallico kolossal postcatastrofico, claustrofobico e multietnico, buffo e atroce, futurista e demodé, d'apertura del festival di Roma, divertente nel colpo d'occhio e digitalissimo - con tutto quel amputar e saltar di gambe e braccia arabescate e sacralmente islamiste - ma stranamente non in 3D (sulla questione il regista ha litigato con il produttore, il regista Park Chan-wook, che lo voleva con gli occhialetti). 

Chris Evans, il capo giovane dei rivoltosi
Forse, dato l'identico argomento glaciale il confronto con Polar Express di Robert Zemeckis sarebbe stato pericoloso, soprattutto nelle parti girate arditamente dai ponti innalzati sugli abissi e fragilissimi rispetto alle ciclopiche valanghe in arrivo. 

Lo spirito segreto del film è comunque molto più biblico, lisergico e 'sociologicamente 'azzardato' del fumetto (probabilmente, non l'ho letto), ma sicuramente più del capolavoro laico firmato nel 2004 dal regista di Forrest Gump. Che è invece la  commedia perfida e antisistemica, per lo più fraintesa, e messa alla berlina da Giovanni Veronesi nell'altro film di apertura fuori concorso del festival, L'ultima ruota del carro, visto che ne è la versione pecoreccia all'italiana (con Silvio al posto di Steve Jobs a far soldi, cambiare il mondo e a far miracoli e a guarire perfino i malati di cancro, come promise in effetti, Lui). 

L'ultima ruota del carro
Solo che in questa sciagurata ricognizione ancora sordiana del paese, dove cioè ci si compiace e si ride della proria degradazione all'infinito, recitata esageratamente bene da tutti, a cominciare da Haber, Germano e Ricky Memphis, un ragazzetto romano, pippa a calcio e grullo a scuola, che si fa travolgere dagli anni che passano, da Bruno Conti a Battistuta, dal cadavere di Aldo Moro a Craxi a Cicchitto rinato, dal 'tutti contro i politici e il Palazzo' allo stato delle nostre discariche d'immondizie, come se niente accadesse, è davvero l'utile idiota glorificato, perché incapace di prendere l'iniziativa pensando, una sola volta, con la propria testa. Incapace di dire: preferirei di no. Ma, buono dentro e fortunato di fuori, lasciandosi riempire la testa di idiozie. Soprattutto quelle che si è convinti di aver prodotte con la farina del proprio sacco. Un vero obbrobrio il film, da sopportare, sotto traccia e sopra traccia. Non certo perché parla di noi. Parlerà di chi lo ha scritto e diretto. Infatti. Ciò che conta sono sempre e solo le cose orecchiate in parrocchia.... i figli, la moglie che ti vuole bene, la famiglia, l'onestà, chissenefrega se ho perso il biglietto vincente del grattaevinci di 500 mila euro, non bisogna mai fare un passo più lungo della gamba...Eppure l'Italia è ancora l'ultima nazione nella classifica europea della restituzione dei portafogli smarriti....

Elio Germano e Alessandra Mastronardi
Meglio lasciar perdere i valori dell'Italietta del ventennio (uno a caso dei due) involontariamente restaurati e rilucidati in questo sinistro film da morire dal ridere. E tornare alla fiaba post apocalittica sanguinante coreana ben più inebriante e estasiante. E dove circola molta più droga pesante che in Scarface, senza la quale i pochi sopravvissuti del prevedibile finale non ce l'avrebbero fatta. Ci spiace per la Dea, l'agenzia anti droga statunitense, tenuta sempre fuori dal set.  

Tida Swinton, il ministro rapito
Sapevate che la lotta di classe è finita, anzi era una truffa? Non ne siete ancora convinti? Siete nostalgici dei tumulti antisistema? Qui c'è la prova del nove che non avete tutti i torti ad essere moderni, spregiudicati e non ideologici. La lotta di classe, gli scontri, le turbolenze, le rivolte, le insurrezioni, le moltitudini in armi contro i padroni e le corporation non servono che ai padroni e alle Corporation. I black block sono ragazzini ingenui, anime candide manipolate. 

Come si viaggia in secondo classe nei treni ad alta velocità
Chi in questo film metafora del mondo come scontro tra proletari e borghesi si comporta come gli incappucciati neri non si accorge di essere un giocattolo nelle mani di Ed Harris (il dittatore Wilford, il capoguida del treno, il suo inventore, chi fa andare avanti il mondo, che è sempre stato così e sempre lo sarà: diviso tra l'1% di ricchi e il 99% di schiavi) e di John Hurt (il capo dei rivoltosi) che sono in realtà i migliori amici, complici e tutori del Sistema. Sarà marxiano il film nel profondo, o almeno Schumpeteriano ("le lotte sono l'anima della crescita, il lievito dello sviluppo" come affermano sia il Partito Comunista Cinese che il neo sindaco di New York, Bill De Blasio) ma non so se la nostra nuova e vecchia sinistra, e soprattutto la nostra destra d'ospizio queste cose le ha mai masticate. E il film potrebbe scandalizzare non poco. Anche perché i suoi punti di riferimento cinematografici, parola di Bong Joon-ho sono, per quanto riguarda l'immaginario ferriovario, L'imperatore del nord di Robert Aldrich e Il treno di John Frankenheimer, e per quanto riguarda quello extra ferroviario THX 1138 di Geroge Lucas, a proposito di 'rivolta dei reclusi'. E, per quanto riguarda i riferimenti politici(c'è un ufficiale giapponese piuttosto crudele tra i cattivi) la storia dell'occupazione nipponica del paese, piuttosto lunga, feroce e cha ha a che fare con il treno, perché furono loro a costruirla, per rubare meglio le merci coreane. Il film potrà scandalizzare anche perché si parte dal presupposto, caro ai suprematisti e ai millenaristi cristiani, che i poveri si scannano tra di loro e si mangerebbero tra di loro se il potere non intervenisse a fermarli, sfruttandoli e schiavizzandoli solo a fin di bene. Di crescita. Di sviluppo. Di profitti. E qui il film tocca il suo punto dark più divertente.

Gli strafattoni del convoglio. Ma fidatevi di loro....
In molti stati il film è uscito nell'agosto scorso, perché la Weinstein Company l'ha acquistato per tutto il pianeta, ma la dittatura delle anteprime mondiali, ex pallino di Marco Mueller - direttore del festival che adesso è diventato fest(ival) - fortunatamente è finita. E speriamo non solo a Roma. 

Bisognerebbe però istituire una Authority per lo spettatore, uno strumento di garanzia che esiga almeno la presenza nei festival metropolitani di aggiornamento delle pellicole mondialmente e ovviamente più interessanti del momento, e non solo trash chic come questa. Il doc su Tortora sarà anche stato giudicato brutto (non sempre il soggetto edificante è sufficiente) ma i nuovi Nicholas Filibert e Woody Allen non avrebbero sfigurato a Roma... 

Un comizio anticomunista
Snowpiercer è tratto dunque da Le Transperceneige, pura fantascienza post apocalittica, post-razionale e post-emozionale. E' un'opera fuori concorso e anche squisitamente  fuori di testa (anche se lo ha finanziato il ministero della cultura di Seul), caldamente raccomandata infatti da Quentin Tarantino, che l'ha vista a Pusan, e che dispone di una veloce sintesi 'occhio-orecchio-mente' generalmente acuta e convincente. 

Un poster del film
Il film è infatti la produzione più costosa, oltre 38 milioni di dollari, della Corea del Sud (ma il budget è anche un po' britannico, molto ceco e austriaco, per le location alpine che il Trentino Alto Adige e il Piemonte si sono fatte soffiare). Lo ha scritto per la prima volta in inglese, grazie alla collaborazione dell'ex frate francescano Kelly Masterson, e diretto, con grande disinvolutra ritmico/iconica, l'enfant prodige di The Host, al sesto lungometraggio, il 44enne Bong Joon-ho. Che ha scoperto il fumetto in una fumetteria di Seul e ne è rimasto folgorato divorandolo con la velocità con la quale Michalkhov Konchalovsky aveva montato Runaway Train prima che Mister Golan, il produttore Cannon, intervenisse a dargli una calmata rifacendo l'editing. Bong Joon-ho ha capito la lezione. Il montaggio non è frenetico, anzi il rumore del treno si sente a stento. L'alta velocità nel 2031 va a ultrasuoni.

Tanya (Octavia Spencer), guai se le toccano il figlio
Cromaticamente passiamo dalle 50 gradazioni di beige in stile 1984 per descrivere la miseria alla Victor Hugo dei poverissimi reietti delle ultime classi sociali agli arcobaleni stra-pop della tavolozza Roy Lichtenstein, quando si passa in prima classe (con striature Sorrentino). Gore, splatter, comedy, pamphlet politico, green-horror, cannibal holocaust style, burlesque, orchestre d'archi sarcasticamente sentimentali (le musiche sono di Marco Beltrami) fanno tutte parte del grande gioco (finto, teatrino, inconsapevolmente interpretato) 'lotta di classe'. Già, si toccano con animo biforcuso, un po' scherzando un po' buttandola sul tragico e sul teologico, argomenti seri. Patchwork e bricolage, secondo le ultime istruzione del manuale post-moderno, sono messi sull'attenti e piegati a intenzionalità politiche forti e corrette.  


Curtis, pronto all'azione
Snowpiercer, il trafiggi neve, il treno transcontinentale supertecnologico che da 18 anni fa il giro del globo senza mai fermarsi grazie a un motore in moto perpetuo, nasconde però alcuni dettagli ben poco tecnologici, che il falsoeroe del film, Chris Evans (Curtis), ex cannibale di carne tenera (i neonati erano i più squisiti) scoprirà con orrore sommo un po' ridicolo prima di automutilarsi: il lavoro minorile schiavistico. Il pianeta è ormai una lastra di ghiaccio, uscire dal treno vuol dire morire all'istante. Fuori neppure inuit e orsi bianchi resistono...I responsabili politici finalmente sensibili all'effetto serra hanno infatti avuto la geniale idea di cospargere l'atmosfera di CW7. Esperimento fallito. 

Bong Joon-ho sul treno
E qui ecco il primo shock. Si diceva che la guerra atomica non sarebbe mai scoppiata perché - grazie John Badham - in quel gioco non c'era un vincitore ma solo due perdenti. Capisco che oggi le anime belle tra i politici si chiamano grillini, talebani o liberal limousine. E che Arafat e Lady Diana li fanno fuori col polonio senza che importasse molto a nessuno. E che la Thatcher, nel film resa nel modo più arrugginito e delizioso possibile da Tilda Swinton nella più bella caricatura mai concepibile di Meryl Streep, sia stata un mito british. Ma la stupidità umana non può arrivare a concepire un parco binari (con tutto il lavoro tecnico-operaio che comporta) che per 18 anni regge una supervelocità che comunuque è sempre basata su qui pochi millimetri di differenza tra una ruota qualunque e una fragilissima ruota da binario. I figli di ferrovieri, e non solo Ken Loach, sanno benissimo che la privatizzazione (o societarizzazione come preferisce chiamarla ex ministro dei trasporti Burlando) delle ferrovie è una sciocchezza politica e sociale, soprattutto perché impedirebbe la plausibilità di qualunque magnifico kolossal post- catastrofico. Ma è un fumetto, bellezza.   

L'elettrricista coreano ha il traduttore automatico
Bong Joon-ho non è figlio di ferrovieri, ma di designer. Cinefilo spinto, laureato in sociologia, fa la triplete (vincendo i festival di Cognac, Torino e San Sebastian) con Memories of murder, 2003. Dirige poi The host, che rilancia il genere horror in tutto il mondo (2006), che va a Cannes, dove Bong è presidente della giuria per la Camera d'or nel 2011. Gli altri film che ha girato sono Barking Dogs Never Bite (2000), Tokyo! (2006), e Madre (2009).




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