venerdì 20 febbraio 2015

Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza. Esce il film di Roy Andersson, Leone d'oro 2014




Mariuccia Ciotta



Leone d'oro a sorpresa, il piccione esistenzialista di Roy Andersson che ha battuto Birdman di Inarritu, il favorito alla Mostra di Venezia 2014, è ora nelle sale italiane, opera stralunata del regista settantenne di Goteborg. 
Quanto sarebbe triste la Svezia se non fosse per due svitati venditori ambulanti di “cose che fanno ridere la gente”, Sam e Jonathan, una coppia più vicina a Oliver e Hardy travestiti da becchini che a Don Chiscotte e Sancho Panza (secondo il regista). 

Già il titolo dice il tono surreal-comico-filosofico del film, Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza (En duva satt på en gren och funderade på tillvaron). Il titolo del film è un riferimento al quadro Cacciatori nella neve di Pieter Bruegel il Vecchio. Il dipinto raffigura un paesaggio rurale invernale, con alcuni uccelli appollaiati sui rami degli alberi. Andersson disse che immaginò gli uccelli della scena guardare le persone sotto di loro, ed immaginare cosa stessero facendo. Un Aki  Kaurismaski in combutta con Monsieur Hulot, humour ghiacciato da tragi-commedia con i due figuri, che spacciano canini “extra-lunghi” di vampiro, “classici” sacchetti ridacchianti e l'orribile maschera dal “dente solitario”.
Il film parte esilarante in piani sequenza catatonici, dentro locali deprimenti, personaggi solitari e imbambolati, dialoghi nonsense, colpi di scena inverosimili, numeri di danza demenziali e si avvia verso “quadretti” seriali di  gag, straziante nella sfortuna che perseguita Sam e Jonathan (Nils Westblom e Holger Andersson).   
Nessuno compra gli stupidi giochetti che i due maldestri venditori offrono a botteghe e passanti, e saranno loro i veri “giocattoli”, sognatori e nostalgici di altre epoche, catapultati in mondi immaginari. Una disadorna caffetteria diventa set di un musical corale e poi scenario dell'esercito di re Carlo XII di Svezia con il suo esercito in alta tenuta militare che sfila diretto alla grande battaglia contro i russi di Pietro il Grande, per poi tornare lacera e sconfitta. Il re, giovane e grazioso, si concede un bicchiere al bancone e un idillio fugace con il cameriere. 


Incursioni nella pittura di Otto Dix (ispiratore dichiarato di Andersson), tra crudeltà e tenerezza, nella spietata liturgia della borghesia svedese che si diletta, tanto per ridere, a bollire gli schiavi in un gigantesco container rotante. Altre digressioni, altri pensieri all'humour nero di Sam e Jonathan, che ascoltano a manetta una vecchia canzone lacrimosa nella loro stanzuccia offerta dall'assistenza sociale.

Terzo capitolo della Trilogia vivente  (il primo ha vinto il premio della giuria a Cannes 2011), l'ipnotica commedia filosofeggia  con le sue marionette in soliloquio, anime perse ma resistenti come la risata agghiacciante del misterioso sacchetto, molto apprezzato in tutte le feste, party e funerali.  


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