giovedì 23 aprile 2015

Go Fish. Iran e Tanzania vincono Skepto 6 grazie ai pesciolini


    






   
"Not anymore, a story of revolution", di Matthew Van Dyke (Usa), che ha vinto a Skepto 6 la sezione dei corti documentaristici
Roberto Silvestri 

    Sesta edizione di Skepto Film Festival, uno degli oltre 100 festival italiani dedicati annualmente ai cortometraggi. Nel poster acquaceo alla fuori orario una giovane filmmaker sub inabissata è circondata da balene. Non cetacei, giganteschi mammiferi, ma pesciolini in pericolo, rossi o gialli, da salvare (anche in senso metaforico) in realtà sono stati i grandi protagonisti della manifestazione. L'iraniano Fish and I che ha vinto il festival e Shadow tree (Tanzania) dell'indiano  Biju Viswanath, premio speciale per la sostenibilità ambientale, attraverso la metafora del pesciolino fuor d'acqua e in fin di vita da soccorrere (e sono un cieco e un bambino squattrinato degli slums che si faranno in quattro per loro) ci avvertono. L'acqua è il grande problemo del momento. L'acqua avvelenata e inquinata dell'Africa in particolare. Ma l'acqua è anche un elemento assassino. Chi affoga nel Mediterraneo, i profughi che adesso se la dovranno vedere contro chi gli vuole affondare preventivamente le loro barche della speranza, scappa da guerre aizzate proprio dalle stesse grandi potenze occidentali e medio orientali che versano lacrime di coccodrillo. E non sarà mai salvato da questa Ue, dall'establishment wahabita, sciita e dell'Unione Africana. E' dal basso che si deve ricreare una coscienza etico politica della globalizzazione. Ribeliamoci contro i padroni delle acque. L'immaginario Ponyo seduce dunque i filmaker emergenti e vince. Nonostante il contributo culinario (di altissimo livello) di un noto chef carlofortino specializzato proprio in piatti di pesce, e di tonno in particolare, Luigi Pomata, miglior catering di festival dell'anno, senza discussione.
   
    Premi a parte, vediamo come erano i cortometraggi in concorso della rassegna cagliaritana principale, sempre molto affollata, che si è svolta dal 14 al 18 aprile scorsi nella saletta dell'Hostel Marina, all'Auditorium e al caffé Savoia. 50 ore di programma, 120 shorts provenienti da 52 paesi. Daniele Lucca presentatore impeccabile, con o senza microfono, momento di commozione maggiore nel corso della proiezione speciale di un lungo, diretto da Marilena Moretti, Walking with Red Rhino-A spasso con Alberto Signetto, intenso ritratto a tutto tondo di un cineasta indipendente che veniva dai cineclub e dalla distribuzione alternativa, esegeta e allievo di cineasti estremi ed estremamente politici come Robert Kramer e Theo Angelopoulos, poeta fedele sempre al dogma della assoluta coerenza morale e del rigore espressivo come patente di libertà, indocile ai compromessi di mercato e che è stato per molti anni l'anima estrema e ribelle dell'appuntamento cagliaritano. Il premio dedicato ad Alberto Signetto è stato assegnato dalla giruia composta da marilena Moretti e Alberto Signetto al documentario belga, ma di set african, Yaar di Simon Gillard. La Film Commission della Sardegna ha invitato parallelamente al festival decine di produttori provenienti da tutta Europa che hanno visitato le location più adatte e discusso progetti e sceneggiature da girarsi nell'isola. Nevina Satta che dalla film commission è il presidente ha intrecciato l'iniziativa alle giornate festivaliere appoggiando altre iniziative di Skepto collegate alla ecosostenibilità. 
    Ero in giuria assieme a Mariuccia Ciotta, un critico catalano che adora l'horror spinto e fa parte del gruppo di Sitges, Diego Lopez, due cineasti inglesi emergenti, il regista Matthew Butler e la produttrice Tori Hart (di Fizz and Ginger Films) e un cineasta neosurrealista da tenere d'occhio, Matt Willis-Jones che vive in Norvegia ed è stato anche il creatore degli effetti speciali di Batman Begins (tutti i riconoscimenti sono stati dati all'unanimità, quasi senza discutere).
    Tra le miriadi di manifestazioni internazionali dedicate agli short bisogna pur trovare qualche altra "testa di serie", al di là delle sezioni specifiche della Mostra di Venezia, di Torino e Roma non sempre attente all'off e all'off-off.
    Certo, Invideo di Milano è la regina della sperimentazione. Poi c'è Ancona. E lo Short Film Festival di Ca' Foscari, per i saggi di scuola. Cagliari, per la sua vocazione mediterranea, potrebbe diventare un ponte indispensabile tra Nord e Sud, il punto di raccordo con l'altra sponda, anche per un glorioso passato fenicio in comune con la Tunisia. E anche per l'occhio e la sensibilità transculturale dei selezionatori, Stefano Schirru, Francesca Vacca e Riccardo Plaisant la triade artistica di Skepto.
    L'Arcipelago dei festival "corti", per lo più organizzati in piccoli centri e possibili solo grazie a un volontariato entusiasta, è un antidoto all'invisibilità di questi film e rapresenta un bel segmenti di mercato o se si specializza maniacalmente (paranormale, cibo, sport, rurale, povero, "un minuto", ambiente, diritto, psicoanalisi, paura, transculturalità...) o se fa girare i film che saltano più all'occhio, passandoseli l'un l'altro. Si realizza così nei fatti quella specie di agognata distribuzione capillare sogno di ogni filmmaker indipendente. Valentina Carnelutti, l'attrice quest'anno all'opera prima con il bellissimo Recuiem (in gara anche a Cagliari) ne sa qualcosa perché con il suo film sta facendo da mesi un fortunato giro del mondo.
    Il regolamento di Skepto prevede la presenza di opere realizzate negli ultimi tre anni. Dunque non si è vittima della guerra per accaparrarsi le anteprime mondiali o internazionali e scoprire il capolavoro a tutti i costi. L'esigenza è quella di proiettare i film più audaci, seducenti e innovativi, tra quelli inviati in Sardegna o che hanno già fatto incetta di premi, a un pubblico attivo e competente, e con la migliore qualità tecnica possibile (ed è il direttore organizzativo Mauro Montis che ne garantisce la qualità).
    Le altre sezioni in competizione all'auditorium di Cagliari riguardano le ossessioni del decennio fatte genere: cartoon, doc, horror-splatter, sperimentazione, comicità, lavoro-non lavoro, clip musicali e corti eco-sostenibili. Per la lista completa dei premi cliccare su http://www.skepto.net/it/content/skepto-international-film-festival-2015-premi-e-menzioni-speciali. Dalle sezioni collaterali segnaliamo almeno tre film, il cartone animato darwiniano-bergsoniano che ha vinto il premio di categoria, Pandas, dello slovacco Matus Vizar, una modesta proposta per risolvere il problema dell'estinzione degli orsacchiotti op-art, che forse derivano dall'Orca Marina ma che mai penserebbero di diventare, per sopravvivere, dei goduriosi topastri affamati di tutto fuorché di canne di bambù... l'altro cartone animato, ancora più innovativo nello stile e nella concezione grafica, Dwarf Giant, di Fabienne Giezendanner, gioca con e sull'immaginario inuit (Francia/Svizzera) mentre Ladiri di Andrea Mura ci spiega che le case fatte di mattoni di fango e paglia secondo una antica tradizione sarda del sud erano molto più fresche d'estate e calde di inverno di quelle di cemento che le hanno sostituite. E che forse ci sono in giro attivi giovani architetti (europei e africani) capaci di ridare linfa a questa arcaica tecnica costruttiva ecosostenibile i cui ultimi maestri stanno scomparendo (e che Mura ha intervistato).   

 


     LA BAMBINA  di Ali Asgari (2014, Iran)

Narges, l'attrice Sahar Sotoodeh (a sinistra) e l'amica, Faezeh Bakhtiar
L’orrore quotidiano metropolitano diurno e notturno che paralizza sadicamente una ragazza, anzi quasi di una bambina-madre, Narges, è ben descritto in questo come negli altri tre precedenti corti di Asgari che mettono sempre al centro i conflitti tra teocrazia e libertà femminile. Nascondere agli occhi di Tehran un bimbo appena nato e senza padre, perché comunque la donna non è sposata e non ha le carte in regola, e stanno arrivando dalla campagna i genitori retrogadi, cercare addirittura una "grotta", un ostello per sole ragazze per esempio, dove nasconderlo per qualche notte, è già esageratamente cristologico per un paese islamico drastico, ma essere costrette a chiudere un bebé nella borsa, e a narcotizzarlo un pochettino, trasforma quel gesto estremo in una critica feroce allo stato di cose vigente. Amir Naderi, infatti, ama questo corto, ancora proibito in Iran.
Difetti del film, in originale intitolato Bacheh? Farhadi, Panahi, Kia­ro­stami come angeli custodi e "cintura di sicurezza" di un lungo compresso in 15'. In più il frastornante cicaleggio urbano delle due amiche in strada, sull'autobus, al bar, con qualche simbolismo di troppo. Inoltre si dà per scontato un rapporto poco laico con l’aborto (permesso dal 1978 ma con notevoli restrizioni che stanno peggiorando la legge dal 2005). Se però i film iraniani di regime colpevolizzano inguaribilmente la donna che si svincola dalla famiglia, che non fa la moglie, che non sta ferma nel posto stabilito e che non sta mai troppo attenta ai figli perché pensa più ai balocchi e ai profumi, qui si rovescia tutto, con calma, e la critica moderata ma sanguinosa, è al regime-donna che non sta attenta come dovrebbe alla libertà dei suoi figli. Li spia ma non li assiste né si preoccupa dei suoi problemi. Pensa troppo ai balocchi-armi e ai profumi-affari.
Alì Asgari, pluripremiato autore di 4 corti, che hanno fatto il giro del mondo dei festival da Cannes a Venezia, dal Sundance a Capalbio, vive da 5 anni in Italia (uno dei produttori, Riccardo Romboli, è italiano).
La cosceneggiatrice del film
La cosceneggiatrice è anche lei una regista, Farn­nosh Samadi. E sono sue le arabescate e sottili variazioni sulla complicità e amicizia femminile che si infrangono contro leggi assurde che non si possono e alla fin fine non si vogliono abbattere. Il destino è scritto, la tragedia inevitabile, come si direbbe tra le righe in un qualunque film di Farhadi.







        
    THE FISH AND I di Babak Habibfar (Iran) 

E' il cortometraggio molto corto che ha vinto il primo premio. Un cieco urta sbadatamente in cucina il vaso del pesciolino rosso, che va in frantumi. Come salvare la vita del piccolino, visto che la stanza ha un buco nel centro e l'acqua sta pericolosamente sgorgando via? Semplice, denso, poetico, politico suspense-short antisistema. La dolcezza armata dei minori e delle minoranze oppresse di qualunque tipo sbriciola il potere e dà colore alla vita, anche dove vince il bicromatismo, il bianco e il nero. Non solo a Tehran. Sono le 50 sfumature di grigio a contare. 



         DESINTEGRATION di Alvaro Martins  (Spagna) 

Splendida pubblicità, a ritmo battente, per Syriza e Podemos.  La crisi economica produce qualcosa di ostile alla crescita, l’alienazione postumana. La metamorfosi è irreversibile. Difetti. Rimane un certo automatismo patriarcale della situazione che si tramanda, nell'immaginario, da padre in figlio.



DETOUR di Michael Kam (Singapore)  

La metropoli congestionata, sessuofobica e stressante rende impotente il controllo e la difesa dei bambini distraendo i genitori e i figli maggiori e favorendo le opportunità per la pedofilia violenta. Soprattutto perché il papà è meno consapevole. O i papà tutti? Un aumento di autoritarismo è possible? E' auspicabile?



   
    IT’S NOT ABOUT YOU ANYMORE  della belga Louise De Groet

Crescere è andare in giro per il mondo, all’avventura, anche con una bicicletta e uno zaino e imparare a non uccidere i sentimenti e le passioni, per quanto conturbanti siano, a non cancellare il prossimo fino a dimenticarsene. La memoria, anche se inquieta e a volte imbarazza, è fertile. Metafora di un paese che rimuove la memoria storica e con troppi scheletri nell’armadio questo film ha il sapore della scuola di cinema, anche se ben seguita.



FORTUNE FADED  di Alexander Heringer (Germania) 

Quasi un piano sequenza senza stacchi di oltre 3 minuti dentro uno spazio fotografico in 3D e un tempo reversibile ma di semplice decodifica. Perfomance tecnica poderosa su una struttura narrativa un po’ troppo standard. Triangolo scoperto, litigio, tragedia, fuoco, pompieri….



BERLIN TRIKA  di Andrej Gontcharov (Germania)

Ecco com’era la guerra fredda, una bomba pronta a esplodere, almeno secondo la vulgata tradizionale….Atmosfera Le Carré e set e performer di  accademica precisione, anche se l’originalità di questo summit è data dal primo piano affidato non ai plenipotenziari di Usa e Urss, ma ai loro traduttori, assai più diplomatici e dai nervi quasi sempre saldi e sempre baipassati e maltrattati.    



GREENLAND di Oren Gerner (Israele)

La casa nel verde giardino. Padre madre e figlio che sta traslocando. Leziose inquadrature che ci trascinano nell’intimità di rapporti familiari intensi e di routine. La casa lo sappiamo è il centro del problema di Israele, anche Gitai ce lo ha spiegato. Ma qui la storia è messa fuori dalla porta. Nessuno racconta perché e come gli israeliani sono diventati campioni mondiali di Greenland. Ma chi si ricorda bene Chinatown sa bene cos'è successo, come si fa a trasfrmare il deserto in campo da golf, e perché Polanski è ancora perseguitato in California, fingendo che sia per altri motivi... 



ANTS PACT  di Benjamin Martins (Germania)  

Casermoni, teppisti, adolescenza difficile e pasoliniana tra clienti di sesso e ragazzi di vita. Difficile produrre poesia. A volte riesce, basta un tocco surreale ogni tanto.



HIOB di Marco Gadge 

Stilizzato alla maniera di un noir. Ma noir è sì un’ atmosfera cupo, un piovoso ambiente metropolitano, ma non si imita tanto dal punto di vista visivo, con le ombre sui muri e tanto nero spalmato sull’immagine. E’ barocco scontro di poteri. Lotta all’ultimo sangue. Qui si arriva a sangue versato



DEUS IN MACHINA di Nicola Piovesan (Italia)

       Le note a piè immagine, la voce fuori campo, lo sberleffo, l’ateismo     demenziale, la  fantascienza che più povera non si può, la sensibilità stracult, arricchiscono questo esercizio stilistico di stravaganze brillanti ma anche ripetitive.    





RECUIEM di Valentina Carnelutti (Italia)

La morte vista con gli occhi di un bambino e di una bambina… O forse cancellata. Fuori schema, fuori format. Fuori moda. Un grottesco poetico sul gioco macabro della morte al lavoro.



THE CANARIES KNOWS di Kaltrina Krasniqui (Kossovo)

La guerra, proprio dal punto di vista di chi l’ha vista in faccia e ha perso i cari e ha visto sopravvivere e forse vincere anche i peggiori. L’umorismo impensabile di quei giorni di bombardamenti che questa veterana del doc usa come arma di consolazione, svisata rock insofferente al corto. Come se fosse un promo per un lungo a venire





EXTRAS di Nele Jeromin (Germania) 

Un film visto, e rovesciato, dalla parte degli ultimi, le comparse, come se fosse Hollywood Party di Blake Edwards o Anna di Grifi. Ma anche tra le comparse c’è chi ha la presunzione di credersi il capo. A lui gli si dà una bella lezione. Corto perfetto, senza battuta finale.



THE NEW MUSIC  di Nicolas Lebun e Francois Goetghebeur (Francia)

Menzione speciale della giuria per l'alta qualità della tessitura narrativa e il rapporto suono immagine. L'incubo orwelliano di una società a una sola dimensione ipercontrollata è originalmente isolato al solo mondo della musica, anche se la dittatura dei ‘suoni unici’ è tutto tranne che utopia negativa. La carica fantascientifica si contamina con il taglio mockmentaristico, e la situazione dell’industria discografica contemporanea, nonostante qualche frase fatta francofortiana, appare in tutta la sua mostruosità. Ma per chi è abituato a Sanremo.... 



SERORI  di Pedro Collantes  

Signora molto matura molesta implacabilmente il minore molto ingenuo per vendicarsi di suo padre. In Giappone. Film olandese, sessualmente esplicito, diretto da un montatore  spagnolo, particolarmente perfido. Questa insalata di culture è esplicita nel duetto in auto, acido ed eccentrico. Che costituisce la scena madre, il cuore del film. Alla fine è un pamphlet edificante contro la violenza ai minori.    



TACCO 12  di  Valentino Vestoso

Se in Italia vige la dittatura delle commedie i giovani cortisti ne approfittano per sembrare più estremi e ne deformano lo spirito, le rendono indigeribili, fermandosi sulla soglia dello sketch e della parodia fuminea. Come in questo caso: la satira demenziale del mockumentary, ripetitiva, non manca però di guizzi comici noteboli. Ma se il kitsch affonda nel kitsch non c'è conflitto.



SCRABBLE di Bjorn Hartel (Svizzera)

Un corto talmente perfetto per incastri narrativi, recitazione, idee di fondo e settotesti metaforici, da sfiorare la noia accademica. Purtroppo cede sul finale con il colpo di scena immancabile (per accedere ai finanziamenti pubblici).



0,60 MG. di Gerard Rodriguez (Spagna)

L’estrema unzione della movida barcellonese in questo semidocumento sui rave party sotto tutela poliziesca, tra droga sesso e rock’n roll rigorosamente spintonati nel fuori campo. Come vogliono i poteri forti   



BAR di Pascal Flörks(Germania) 

Simbolo di Berlino e dunque mito esoterico nazionale, ci sfuggono le infinite sfumature umoristiche di questa satira, dallo schema ripetitivo, del documentarismo biografico formato Bbc basato sulle fotografie del “grande personaggio” del passato ormai defunto, che in questo caso diventa il papà del narratore, un Orso immortalato in istantanee storiche significative e demenziali.



SEQUENCE di Carles Torrens

Siete propio voi il mostro che, la notte scorsa, ha sconvolto i sogni di tutta la comunità che vi circonda. La vostra dolce metà, la vicina di casa, il proprietario del bar dove lavorate, i clienti tutti, il commesso di un drugstore, il rapitore di quel drugstore... Tutti scappano da te, ti odiano, ti vorrebbero morto. Ma l'incubo in cui siete spofondato è solo all'inizio.... Menzione speciale della giuria. Possiede quel certo non so - come se un episodio di Ai Confini della realtà fosse affidato a un cineasta spagnolo irriverente di oggi - che differenzia un buon prodotto da un eccezionale gioiello. Una magnifica, originalissima storia, grande ritmo, sceneggiatura perfetta, effetti speciali imprevisti e insostenibili, azione danzante, suspense, leggeri tocchi di umorismo, conturbanti e improvvisi detour gore e recitazione giusta. Si vede che è il frutto della scuola spagnola aperta da un genio dell’horror contemporaneo, Brian Yuzna, al cui capolavoro Society ci si ispira filologicamente in una delle scene ‘madri’ della commedia horror. Yuzna, assieme ai padri dell'horror estremo statunitense, Coscarelli, Henenlotter, Tobe Hooper e Craven sono stati costretti dal mercato e dalla censura impliciita al silenzio o al detour commerciale. Per questo Yuzna è fuggito, come Ornette Coleman in rue Monsieur Le prince a Parigi negli anni 60 per salvaguardare le scoperte del free jazz, e ha cercato una sponda e una complicità europea alla sua urgenza politica di produrre immagini adeguate alle mostruosità post umane che si compiono oggi, da Guantanamo al Mediterraneo, da Parigi a Aleppo...Affinché lo spettatore sappia distinguere l'orrore dal torpore. Il regista è del 1984, catalano di Barcellona. Non c'era a Cagliari. Adesso, dopo Appartamento 143, un horror cha ha girato e sconvolto il mondo, è diventato famoso ma sta continuando a fare shorts, come Hide and Seek e (dedicato espressamente a Moretti) M for Mom. Cineasta interessantissimo e da tenere d'occhio....


5 WAYS TO DIE  di Daima Papadaki (Cipro) 

Molto ben costruita questa commedia macabra che crea, attraverso un perfetto amalgama tra immagine e dialogo, tonalità Hitchcock e dissonanze Monthy Python, un sistema di attese diametralmente opposto alle aspettative. L’unica cosa non sorprendente purtroppo è il grande finale sorprendente troppo accuratamente preparato …..



A BETTER PLACE di M&M   

Deliziosa parodia di una doppia serie di film, quelli europei, sentimentali e miserabilisti, sulla monocultura calcistica nell’Africa nera, unica soluzione alla povertà totale, e quelli africani sul desiderio di emigrare da una condizione di indigenza e di sottosviluppo. Qui il regista spagnolo parla invece di ragazzi neri di  passaporto spagnolo che non vedono l’ora di andarsene da questo paese orribile e senza futuro. Insomma di scapparsene al più presto…dalla Spagna.



WITH BEST REGARDS di Bernard Wenger (Germania) 

Corto a sketch, ma rovesciato e un po’ banalizzato. Tipo: le donne al volante sono tutte un disastro….Se rimorchia un uomo va tutto bene ma se rimorchia una donna, che non è abituata, lo fa a suo rischio e pericolo. E soprattutto sono guai per tutti




LIVE - IN DIRETTA di Wenceslao Scyzoryck (Spagna) 

La crisi e la Spagna. Ci si vende al reality show. Ma la situazione è davvero tragica e neppure la tv ti salva, anzi… Grottesco non privo di spunti deliziosi ma anche costretto al colpo di scena finale, cui si arriva attraversando non pochi luoghi comuni del genere ‘quinto potere diabolico’.

 

CHIGGER ALE - HERE COME THE PROBLEMS  di The Misterious Fanta Ananas (Etiopia) 

Migliore colonna sonora (Club Moral compresi) tra tutti  i corti di Cagliari e premio dadà per questo inno alla vita notturna africana che si sottrae a ogni classificazione di filone e genere. Un’ eccentricità lisergica che si dedica ai freaks delle boite di Adis Abeba (e di tutto il mondo), che chissà cosa devono inventarsi per far fronte alla disperazione (qui una divisa e i baffetti da Hitler) senza i quali ubriacarsi e ballare tutta la notte e divertirsi non sarebbe la stessa cosa.    

  




Nessun commento:

Posta un commento