martedì 6 settembre 2016

E' morto Donald Ranvaud, critico, produttore, scienziato del cinema differente

Donald Ranvaud, creatore di cinema italo-inglese



di Roberto Silvestri 
VENEZIA

E' in post produzione il suo ultimo film, Blue Weekend di Anastazja Davies. Su Tesla. Ma il suo produttore, Donald Ranvaud, è improvvisamente scomparso. Era "Donald" e interpretava la parte di se stesso in Visioni private di Francesco Calogero e Ninni Bruschetta. L'avevo conosciuto come redattore di Framework, la rivista londinese di tendenza estrema che aveva fondato nel 1975 eda cui era uscito nel 1988. Ma era nato a Firenze. L'umorismo graffiante era nostrano. Il tifo fedele per il Milan, nonostante tutto, pure. Molto poco british. Era allora un funzionario del cinema britannico pubblico, o almeno così mi sembrava, ma era furioso, e pronto ad andarsene, la prima volta che ci ho parlato, a Monticelli Terme, ospite del festival di Ungari e Aprà, in polemica con la politica del governo laburista che, prima ancora e forse più della Thatcher, stava distruggendo il cinema “indie” del Regno Unito. Aveva infatti deciso (anticipando il becero metodo del postcomunista Veltroni) di finanziare con soldi pubblici solo pochi grandi progetti multimilionari, meglio se tromboni, e pochi festival di grande eco mediatica assicurata, piuttosto che molti piccoli film e manifestazioni di ricerca.  
E' stato al festival di Cannes, nel maggio scorso, l'ultima volta che ho visto Donald Ranvaud, il geniale critico e produttore "creativo" e distributore super indipendente italo-britannico cui si deve Central Station di Walter Salles jr. e decine di altri magnifici film, era ormai emigrato da oltre 20 anni prima in Asia poi in Brasile, perché il cinema europeo statalista è “senza futuro”.Nel 2013  ha prodotto in Italia Sta per piovere, ma il regista era l'algerino Haider Rashid , perché se aspettiamo che il ministro Franceschini dia una mano ai cineasti italieni stiano freschi. Ai politici contano i sondaggi, e con il M5s, a giudicare dalla caccia agli zingari di Torino sarà peggio. 
Volevo salutarlo, a Cannes, ma è scomparso, all'improvviso. Come all'improvviso riappariva di tanto in tanto, con i suoi sempre spiazzanti, visionari e avveniristici progetti (le idee che aveva erano sempre avanti mille anni luce al corrente modo di esprimerci degli umani, ma il suo linguaggio non verbale era chiarissimo). E come all'improvviso è scomparso, non si sa ancora bene come e perché, nella sua stanza di albergo a Montreal, dove era giurato della sezione competitiva del prestigioso World Film Festival e dove è stato trovato, esanime, lunedì. Ecco perché non era ancora arrivato qui al Lido. Se andiamo a curiosare nella pagina Imdb scopriamo che era in piena attività, e che stava lavorando molto negli Stati Uniti. Una vera forza indomabile della natura. Al Pacino lo aveva voluto come executive per il suo Wilde Salomé, non a caso, nel 2011. 

Donald Ranvaud con Amir Naderi, a sinistra, all'hotle Excelsior del Lido di Venezia
Donald Ranvaud, 62 anni, scrive Hollywood Reporter, ma forse ne aveva un po' di più, era da 40 anni uno dei punti di riferimento della mappa emozionale del nuovo cinema fecondo e rivoluzionario. Odiava standard e format non solo nel calcio, come il suo amico Galliani, drogato di cultura carioca, forse per merito della moglie, ma anche nella narrazione visuale, anche se detestava i solipsismi e le immagini ermetiche (attenzione non considerava certo Straub e Naderi degli spaccapalle). E ho cercato, sempre con successo, di farlo collaborare alle pagine di politica culturale del manifesto (anche se nel suo necrologio Hollywood Reporter, commosso, ha un momento di amnesia e non se ne ricorda). Vediamo qualche pezzo della mappa. A Londra c'era lui, Laura Mulvey e Peter Wollen. In Francia Bernard Eisenschitz, Noel Simpsolo, Serge Daney e Nicolas Saada. In Tunisia Tahar Cheeria; in Senegal Paulyne Vieyra; in Germania Ulrich Gregor e Filmkritik; in Portogallo Paulo Branco, Antonio Reis, Augusto Seabra e Rui Nogueria (in diaspora). In Italia, oltre al Filmstudio/Politecnico/Occhio Orecchio Bocca, Straub/Huillet, Gianni Menon, Gianni Buttafava e Marco Melani; in Svizzera Leo Mingrone, negli Stati Uniti le rivista “Velvet Light Trap”, “Camera Obscura” e Film Comment, lAmos Vogel, o studioso di noir più pericoloso del suo omonimo terrorista, Carlos, il prof dell'Uca Steve Ricci; in Filippine e Hong Kong Roger Garcia, in America Latina Fernando Birri e gli udigrudi....Insomma faceva parte della Internazionale del cinema sovversivo. 
Non a caso ha poi partecipato alla produzione, nei primi anni 90, di Il mondo sul filo e Addio mia concubina di Chen Kaige e di altre produzini della “quinta generazione”. Dal 1994 ha lavorato in America Latina ed è stato uno degli artefici della crescita di tutte le cinematografie del continente, sostenendo non solo opere da Oscar come La città di dio e The Constant Gardener di Fernando Meirelles, ma anche dando entusiasmo e aiuto preproduttivo ai piccolissimi filmaker della Bolivia, dell'Equador, del Cile e della Colombia, riuscendo a completare con la sua Buena Onda (un nome a cui sono affezionati anche Golino/Scamarcio) Familia Rodante, Xango, Lavoura Arcaica, Babilonia 2000 e Madame Sata. Si è occupato di vendite attraverso le società Videofilmes, Bouquet Multimedia e Sogepaq collaborando anche con Wild Bunch. Come critico e giornalista ha collaborato anche a Sight and Sound, The Guardian, La Repubblica, Cahiers du cinema, American Film. E ai più importanti festival italiani.

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