domenica 4 settembre 2016

VENEZIA 73. "Frantz", Ozon profumato di Lubitsch


Mariuccia Ciotta
VENEZIA

Già Lubitsch aveva trasferito su grande schermo la pièce di Maurice Rostand (L'homme che j'ai tué) con il titolo di Broken Lullaby (L'uomo che ho ucciso, '32), folgorante, star Lionel Barrymore. Ed è stato un azzardo per François Ozon dirigere il remake, Frantz (concorso).
Girare in tedesco, fuori dalla Francia “mi ha costretto a reinventarmi” dice il regista, ed è una fortuna perché al posto dell'effervescente satira sessuo-sociale coloratissima del suo cinema ha scelto un thriller emozionale in bianco e nero, aspirante al Leone d'oro.
Altro paradosso contro la guerra, come Hacksaw Ridge di Mel Gibson, Frantz si chiede se è possibile piangere sulla tomba di un tedesco ucciso sul fronte della prima guerra mondiale.
La storia è quella del giovane francese Adrien (Pierre Niney, Yves Saint Laurent), suonatore di violino, sensibile all'arte, che va a trovare in Germania, piccola città di provincia, la famiglia di Frantz, il nemico ucciso, con l'intenzione di chiedere perdono. Era così bello e così indifeso nella trincea, e lo guardava attonito, ma Adrien sparò e cadde su di lui, amorevolmente...


Ozon si muove sulle corde dell'investigazione morale dentro un'atmosfera sospesa e misteriosa, e scava nello sguardo dell'eterea Anna (Paula Beer), la fidanzata inconsolabile, che divide la casa con i genitori di lui. Adrien prenderà il posto della sua vittima, sarà il doppio di Frantz, e farà innamorare chi è destinato a odiarlo dispensando ricordi (flashback “realistici” a colori) di un'amicizia mai nata.
L'odio reciproco tra tedeschi e francesi si materializza, i primi brindano alla morte dei figli con la birra, i francesi con il vino. Macerie e risentimento sono il composto chimico che spiega la futura Germania di Hitler. Ma Ozon svicola e va verso il melodramma, l'amore che divide, e il passato che non si può modificare. Un po' Il nastro bianco di Haneke, ma con una sottile linea erotica che volteggia non solo tra Anna e Adrien. C'è anche Frantz, lo spettro, oggetto del desiderio di entrambi. E' la morte che alimenta il desiderio di vivere, come il quadro di Manet, “Il suicidio”, esposto al Louvre, luogo frequentato dal triangolo di Bertolucci in Dreamers, e adorato dal trio di Ozon. Da lontano si vede Truffaut, Jules e Jim.

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