sabato 23 settembre 2017

Hannah dei miracoli. Charlotte Rampling super show


Roberto Silvestri *

Non le solite parti di supporto, ma sempre più protagonisti e protagoniste. Gli attori molto esperti un tempo erano fuori mercato come protagonisti. I ragazzi non li conoscevano. Ma ora vincono le coppe Volpi alla Mostra di Venezia  e, come nel caso di Harry Dean Stanton, con Lucky, trionfano nei festival più radicali, come il Sundance, in un film che è sostanzialmente un "one man show". 


Prima imbarazzavano troppo le star giovanissime e le schiacciavano. Ma, oggi, è proprio un giovane regista che offre a una attrice britannica super tecnica come Charlotte Rampling (che per molti anni ha lavorato in Italia) un copione tutto per lei e addirittura un’esperienza performativa doppia. 
Assistiamo infatti a due lezioni di recitazione, una da allieva (dentro la trama) e una da maestra (ha tutto il film ai suoi piedi). I be molle e i diesis gestuali e vocali, le blue note, di solito non li captiamo. Qui navighiamo sempre dentro i mezzi toni.

Charlotte Rampling e Andrea Pallaoro a Venezia 
Se l'età media del pubblico d'essai (per i quali si fanno i tanti festival nel mondo) si alza, anche i ruoli per gli attori esperti, anzi espertissimi, però crescono. Non fu casuale il trionfo di Haneke/Trintignant a Cannes e il trionfo agli Oscar dello struggente L'amour, o il successo di Gerontophilia di Bruce LaBruce. 
A Venezia le star di Nico 1988, Foxtrot, Il risoluto, The Devil and Father Amorth, Ella & John, Victoria & Abdul, Michael Caine, The Resolute, Ryuichi Sakamoto superavano di un bel po' l'età media dei protagonisti delle storie per lo più selezionate al Lido (che comunque era più o meno di 47 anni, da L'insulto a Downsizing, da Il colore nascosto delle cose a Mother e Pablo Escobar, Public Library...) e quando arrivarono finalmente i ragazzi e le teenager danzanti a ormoni in estasi di Mektoub, si aveva l'impressione che la vecchiaia espressiva, un certo rintontimento ripetitivo, potrebbe anche non abitare a Villa Arzilla, visto che Wiseman ne è esente, ma sulle spiagge francesi della movida....


Dunque non poteva mancare il ritratto a tutto tondo di una star del secolo scorso, Charlotte Rampling, che non ha vissuto di rendita dopo lo “scandaloso” gioco masochista di Il portiere di notte anche se non si è raddoppiata, come le colleghe Glenda Jackson e Vanessa Redgrave, come donna politica, laburista o radicale. Il suo personaggio superfilmico nel corso degli anni è diventato sinonimo di donna libera, eccentrica, lottatrice indomita, dotata di occhi come fari abbaglianti. Indimenticabile nel duetto veneziano con Adriano Celentano in Yuppi du. 1975.


Charlotte Rampling però qui ha il tempo, lo spazio e gli antagonisti giusti per mettere in mostra, e poi in crisi, tutti i suoi gioielli professionali: il gesto, la voce, gli sguardi, l'urlo, il semiurlo, la postura, il passo, l'uso stupefacente delle mani (“al cinema non si recita con il viso e con la bocca” spiegava Charles Laughton), i rapporto con gli abiti e il trucco, anche se la tonalità predominante scelta in Hannah (in competizione) dal giovane regista italiano (di formazione americana), all'opera seconda, Andrea Pallaoro, è quella minore. In questo “romanzo di riformazione” Hannah, donna delle pulizie in una villa dal modernismo radicale e asettico, deve (se non ritrovare la gioia di vivere, almeno) dare un senso alla vita – e così fa nuoto, va a scuola di recitazione … - dopo che il marito è stato arrestato per il reato considerato il più abominevole dei tempi presenti, l'atto pedofilo (anche se a forza di denigrare i politici forse sono un gradino più su. Non mi ricordo chi lo affermava con maggiore prestigio…a sì Woody Allen: “Conosciamo l'etica dei politici: è una tacca più sotto di quella del molestatore di bambini, in Io e Annie, 1977). Lei non è che ci creda tanto, e comunque…Ma i vicini la perseguitano come se il marito fosse un pezzo grosso del Pd, di FI, del M5S, di FdI. I sensi di colpa (più dell’umanità che di se stessa) la divorano e il cupo gioco cromatico e ambientale congegnato dal regista la imprigiona in una dimensione claustrofobica soffocante cui cerca di sfuggire frequentando piscine e palcoscenici e preparando soffici torte al nipotino (prima di essere cacciata di casa dal figlio terrorizzato dall presenza in famiglia di un presunto molestatore di qualunque bambino), per ridare aria a tutte le cavità più segrete del suo corpo aggredito. E ricompone un puzzle mandato in pezzi da tutti gli altri.


Pallaoro invece di ricucire e consolare pensa di fare proprio il contrario.  Si prefigge la meta, amorevole e ammirevole, ma esageratamente tecnica, di scindere ancora di più quel corpo. Separa così ciò che è proprio dell’attante (logica e grafica autonoma delle azioni), ruolo (in questo caso “il tipo astratto e anonimo della moglie affranta”) e attrice (che assorbe quel ruolo in una geografia emozionale singolare), dissociando la logica delle azioni da quelle del personaggio con una sua psicologia a tutto tondo. In questo modo il film diventa un gioco polimorfico variamente interprtabile o non interpretabile. 

Scollegando così la signora Charlotte Rampling dal personaggio, dal ruolo, e dall'attrice, Pallaoro forse contribuirà a salvarla dall'auto-annientamento. Hannah rinasce solo grazie alle informazioni testuali prodotte dal film. Come se facesse un blockbuster Marvel. Potrebbe benissimo.  


* rielaborazione di un articolo pubblicato su Alfabeta.2

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