venerdì 5 gennaio 2018

TOP FIVE LA CLASSIFICA (IMPOSSIBILE) DEI MIGLIORI FILM DEL 2017

A Ciambra di Jonas Carpignano


di Roberto Silvestri

Radio Onda Rossa come ogni anno chiede a un mucchio selvaggio di critici italiani (per lo più uomini perché radio onda rossa non rispetta il politicamente corretto e le quote, per far piacere a Tom Wolfe, il rapporto è 12 a 3) quali sono i cinque migliori film del 2017 usciti regolarmente nelle sale, anche off off. (*)
Spielberg e prima ancora Welles ci hanno però sempre messi in guardia da questo giochino utile semmai a ricordare e riassumere l'annata, e spiegato che l'arte non ammette classifiche generali, alla faccia dei grandi festival (Cannes, Berlino, Rotterdam, Venezia, Toronto, Locarno e Telluride) e delle loro giurie di super star, e checché ne dicessero ad Atene i fan delle olimpiadi culturali.
I film potrebbero essere sì giudicati da esperti esterni, teorici e critici d'arte, direttori di festival, cioé da un pubblico particolarmente consapevole e onnivoro (a parte i premi Oscar che sono premi aziendali, assegnati per ogni categoria dai rispettivi colleghi) solo se differenti registi partissero dallo stesso copione. Se no come pesare l'originalità e l'unicità delle opere d'arte? Comunque qualche film si imprime nella memoria più di altri. E non sempre questo vuol dire che sia più artistico e affascinante di un altro, che magari si introduce in parti del cervello molto meno esibizioniste, ma è sempre pronto a esplodere, prima o poi. Comunque.
Radio Onda Rossa chiede anche un giudizio sull'annata. Più il cinema, inteso come sala, è in crisi più si vedono film, attraverso una molteplicità di supporti inimmaginabili pochi anni fa. Dunque la situazione è eccellente. Si producono molti film e si possono vedere ovunque opere da tutto il mondo. Anche se aspettiamo ancora il Lav Diaz che ha vinto Venezia 2017. Altro dato interessante. I primi tre film nella classifica Usa di incassi vedono tre donne super star protagoniste. E sono tre super eroine che hanno scalzato i Batman e i Superman, i Lanterne Verdi e i Daredevil: Wonder Woman, La Bella e la Bestia e Guerre Stellari Episodio 8: Gal Gadot, Emma Watson e Daisy Ridley. Insomma l'anno è caratterizzato da una certa supremazia simbolico-immaginario delle donne. La conferma arriva anche sul lato del cinema non hollywoodiano. I nuovi film di Claire Denis, Agnes Varda, Lucrecia Martel, Valeska Grisebach, Greta Gerwig, Sally Potter, Valeria Sarmiento, Annemarie Jacir... entrano in moltissime classifiche critiche.

Il Giovane Marx di Raoul Peck

LA TOP FIVE....

Premessa: non ho visto Il giovane Marx di Raoul Peck, sulla vita pubblica e privata di Karl Marx fino al 1848, alle prese con Proudhon e Feurbach, con Hegel e con la prima grande rivoluzione in Occidente. Il film forse uscirà in Italia con I wonder per tre giorni, intanto si può acquistare in dvd all'estero. Siamo o no al bicentenario? Non è un caso che sia un grande cineasta haitiano a ricordarcelo. Toussaint Louverture non è passato invano. Ha guidato la prima rivoluzione proletaria mondiale. Vincente. Nel 1804. E certamente ha molto influenzato non solo l'Otello di Rossini, ma anche il Genio di Treviri.

Premessa n.2. Non ho ancora visto Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino che spero vinca qualche oscar perché credo che Guadagnino sia il cineasta italiano più coraggioso, inventivo e spregiudicato della nuova generazione, meno manierista di Garrone e più colto visualmente di Sorrentino. Lo dimostra il fatto che sia il primo cineasta italiano/italieno che riesce a sfidare i grandi del cinema Usa nelle categorie principali. Non come regista del migliore film alieno. Cosa inedita per un regista italiano. O quasi. Ma il gay movie che avrebbe dovuto dirigere Jams Ivory, non è ancora uscito in Italia.

Premessa 3. Non sono ancora usciti una decina di opere importanti ammirate nei vari festival come:

David Lynch e Harry Dean Stanton in Lucky
Lucky, di John Carroll Lynch, con David Lynch, l'ultimo film, semi autobiografico, quasi un auto necrologio, di Harry Dean Stanton,

First Reformed di Paul Schrader sulla Chiesa Riformata d'Olanda, sui calvinisti d'America che tanto hanno massacrato l'infanzia del cineasta, e sulla interpretazione così inquietante e letteralista della Bibbia da istigare il cristiano dai saldi principi etici a passare alla lotta armata e a inseguire il fondamentalismo talebano sul suo stesso terreno. Perché “bisogna distruggere i distruttori della terra”. Come ci impone di fare il Libro Sacro.

La mini serie tv, molto politica, su una pagina oscura della storia usa anni 60, di Errol Morris Wormwood;

The Nothing Factory, un musical portoghese (trotskista ma senza pasticcini, quasi come lo sognava Nanni Moretti) di Pedro Pinho su una occupazione di fabbrica anti-globalizzazione piuttosto festosa nonostante il tetro clima;

un doc di Barbet Schroeder Le venerable W. di Barbet Schroeder che ha anticipato prima che il mondo se ne accorgesse che in Birmania peggioravano i pogrom contro le minorante musulmane bengalesi dei Rohingya. Aizzati da un monaco First Reformed e Talebano contemporaneamente.

Post di Steven Spielberg, che sta però per uscire nelle sale e probabilmente farà incetta di statuette e di globi..

Premessa 4. Non sono usciti mai in Italia se non nei festival e sono attesi, tra gli altri:

Sinestesia di Maged el Madhi (per capire a pelle, con l'occhio l'orecchio e la bocca, cosa sta succedendo nell'Egitto rimilitarizzato da al-Sisi e perché una sollevazione popolare ha rovesciato i fratelli musulmani)

L'ornitologo di Joao Rodrigues (ai padovani non piacerà perché scopriranno che sant'antonio è portoghese)

Hissein Habré, a Chadian Tragedy di Mahamat Saleh Haroun (forse prima di dire di “aiutare l'africa a svilupparsi” sarebbe bene osservare attentamente questo film che racconta perché gli aiuti europei sottosviluppano ferocemente da più di 4 secoli l'Africa, perché la Francia ha organizzato oltre 60 colpi di stato per tenere tutte le ex colonie sotto controllo neocoloniale e perché Minniti rischia di imitare più Crispi che Zanardelli)


Premessa 5. Tra i film quelli usciti (o in procinto di uscire) che non metto in classifica, una decina di ottimi film visti, conferme ulteriori di altisssima qualità:

Ex Libris di Fredrick Wiseman (anche senza essere esperti in biblioteche 'viventi' si può capire perché questo testo dovrebbe essere conosciuto e studiato da tutti gli assessori alla cultura)

Wonderstuck di Todd Haynes (opera tattile, non è simile a Hugo Cabret, anche se il film è tratto da un romanzo dello stesso scrittore, e anche se racconta l'amicizia a distanza tra due adolescenti che hanno molto in comune, perché tono e timbro restano di Haynes, e i nervi sono meno a fior di pelle, la magia del vedere l'invisibile è più morbida, la profondità storico-politica che circonda l'avventura è più palpabile. Anni venti/anni settanta, stessa epoca di ribellione ad alta tensione.

La vita in comune di Edoardo Winspeare, perché fa capire (anche se il racconto riguarda la giunta di sinistra di un paese dell'entroterra salentino: la cultura, che sembra polverosa, dei suoi intellettuali organici, le strategie economiche per uscire dall'immobilismo e perfino la politica carceraria, che è all'opposto di quella leghista e pentastellata) il miracolo di Lecce, unico comune strappato dal Pd alla destra nelle ultime amministrative, merito di Salvemini ovvero l'estremista che ha quelle capacità di mediazione politica e di rispetto per gli avversari che un moderato non sembra possedere.
Guardiani della galassia 2 di James Gunn, il primo era perfetto, questo troppo identico al primo, anche in perfezione, nel gioco agro-dolce, nel tono brechtiano e super camp....

Personal shopper di Olivier Assayas, migliore film francese dell'anno.

Tre manifesti a Ebbing, Missouri scritto e diretto da Martin McDonagh (quello che Minervini ha anticipato in poesia, su come è fatta strana l'America redneck, qui viene spiegato anche ai muri e ai cartelloni pubblicitari. Elogio funebre al fondatore di Playboy che, come ha scritto Camille Paglia, ha cercato di strappare i cowboy alla loro rozzezza atavica e brutale, quella di Trump e di Weinstein, senza riuscirci, se non un po' sulle coste est e ovest)

The Other Side of Hope di Aki Kaurismaki, il migliore film comunista

Okja di Bong Joon-Ho il migliore film animalista

Da una storia vera di Roman Polanski, Eva contro Eva, ma come se Norman Mailer (Emmanuelle Seigner) duellasse con Thomas Wolf (Eva Green).

L'insulto di Ziad Doueri (Libano), miglior contributo alla soluzione della questione israelo- palestinese. Se non ci riescono i politici, ci riescono gli artisti a spiegarci attraverso un film uno e bino, commedia feroce e dramma processuale, la strada per superare il conflitto. Riconoscere i proprii errori e massacri e trovare mediazioni e compromessi. L'arte è estremista, la politica deve essere sempre capace di patteggiare con il nemico e ripudiare ogni soluzione finale.

Premessa 6.
MIGLIORE FILM FUORI FORMATO: Twins peaks return, oltre 18 ore che rendono David Lynch imparagonabile, se non a Guerre Stellari Episodio VIIII


Inoltre:

migliore performance attoriale, sia maschile che femminile (a parte i giudizi sconsiderati su Polanski) :
Asia Argento (da Bianca Berlinguer a spiegare davvero cos'era successo 20 anni prima con Weinstein e cioé che non è vero che lo ha frequentato per 5 anni dopo il fattaccio - difficile da evitare perché il boss Miramax è di una grandezza erculea e forza irresistibile, impossibile dargli un calcio alle palle - e che ha accettato lussuosi doni: ma chi ha diffuso queste balle che tutti hanno immediatamente date per vere?)

miglior film IN ASSOLUTO il movimento “me to”, primo tempo, ovvero testimoniare e Time's up, secondo tempo, ovvero creare un fondo di molti milioni di dollari per assistere finanziariamente e legalmente tutte le donne vittime di molestie sessuali soprattutto fuori dall'ambiente del cinema, nelle fabbriche, negli uffici e nei ristoranti e supermercati: l'8 gennaio ai Golden Globes tutte le attrici e tutti gli attori che aderiscono vestiranno in nero.


MIGLIORE DOC

I am not your negro” di Raoul Peck, dall'ultimo libro non finito di James Baldwin, basato su interessanti materiali di repertorio televisivi, come i suoi celebri scontri in diretta con intellettuali reazionari, tutti facilmente distrutti. Il film racconta il rapporto personale dello scrittore e militante nero con tre delle tante vittime del razzismo anti african american negli Stati Uniti degli anni 60 e 70, Martin Luther King, Malcolm x e Medgar Evers. Strano che dal film non esca la polemica contro il black panthers party, di cui Baldwin fu bersaglio prediletto (in particolare di Eldridge Cleaver) non perché fosse politicamente un moderato, ma per essere gay dichiaratissimo. E' uscito anche nella collana doc di Feltrinelli in dvd.
Peck fotografo giornalista laureato in ingegneria, formato cinematograficamente a Berlino, è un regista haitiano che ha alternato doc e fiction, ed è famoso per un magnifico film su Lumumba, preceduto da un doc sull'assassinio di Lumumba visto “in diretta” perché Peck era figlio di diplomatici del presidente della repubblica del Congo appena indipendente, Kasavubu. Suoi anche importanti film sulla comunità haitiana di Manhattan. Suo anche Il giovane Marx.
Non si possono dimenticare infine due ottimi doc statunitensi: I called him Morgan di Casper Collin (sull'assassinio del trombettista jazz Lee Morgan) e Dawson City: Frozen Time di Bill Morrison, prodotti però nel 2016. E tra i doc del Tff (Torino non  Toronto) il russo  Cronaca del tempo dei guai di Vladimir Eisner Evaldovich  Tra i doc italiani da tenere d'occhio nelle sale "normali": Lorello e Brunello di Iacopo Quadri; 77 no commercial use di Luis Fulvo (anche se c'è qualche Cossiga di troppo); Cento anni di Davide Ferrario; Vento di soave di Corrado Punzo (sui disastri ambientali a Brindisi e nel grande Salento).

Alcuni grandi registi come Scorsese, Verhoeven, Gibson, Zemeckis confermano la loro grandezza con film superbi come Il silenzio, Elle, Allied, Hacksaw Ridge..... Ma ci sono 5 film davvero speciali quest'anno, che possiamo isolare perché sono i migliori in ambiti più ristretti:






  1. Detroit di Katherine Bigelow, miglior film rivoluzionario dell'anno perché non è tanto importante la bellissima seconda parte, certo un omaggio a Jonas Mekas, sulla tortura - simil Diaz e simil troppe azioni di sopercheria poliziesca assassina ai danni di tutti i dannati della terra, dall'Illinois a Tehran da Damasco a Mosca - ma per il blocco Motown sound/rivolta della moltitudine: più è potente, accerchiante, organizzata e promiscua la ribellione, ritmata da una musica egemonica mai udita prima, è il suono del 68, più i poliziotti locali pubblici e privati, la guardia nazionale e l'esercito, come tori nell'arena circondati, colpiscono a vanvera e perdono la testa, perdendo. Come in Vietnam (indipendentemente dal verdetto del magistrato). Salvo lasciare un deserto, per vendetta, come in Vietnam (non pagando quel che era dovuto secondo i patti di resa). Come è ridotta oggi Detroit si sa.
  2. Wonder Woman di Patti Jenkins, miglior block buster del'anno. Ovvero tutto sulle spalle dell'attrice israeliana GAL GADOT (è l'amazzone semi dea “Diana Prince”). E' il film fumetto Marvel che rilancia tutta la serie deviandone il baricentro simbolico (La bella e la bestia con Emma Watson, e Guerre Stellari con Daisy Ridley hanno altrettanto forti protagoniste). In più si tratta di una inedita coproduzione Hong Kong, Cina e Usa. Inoltre è il primo film di super eroi diretto da una donna, e la regista di Monster qui è come se si vendicasse in anticipo dell'affare Weinstein che sta per scoppiare e come se fosse la portavoce del movimento nato per mettere fine a pratiche di potere troglodite. Nata nel 1942 Wonder Women è la prima eroina a fumetti della storia, innesto di mitologia greca e eroismo anti nazista. Diventa importante quanto Batman e Superman, ma non in Italia. Simbolo dell'insorgenza femminile nella società americana durante la la seconda guerra mondiale. Era dal 1958 che non primeggiavano nelle top ten film ben tre protagioniste (in quell'occasione erano molto meno muscolose: Auntie Mame di Morton Da Costa con Rosalind Russell e South Pacific di Joshua Logan con Mitzy Gaynor. 
  3. L'inganno di Sofia Coppola, miglior remake obliquo dell'anno, un contro western femminista che divide e ovviamente sa farsi odiare. Via col vento incontra l'horror. Clint il nemico bello da sedurre a tutti i costi qui perde il posto centrale, quello di magnete simbolico dell'horror freddo, che passa a Nicole Kidman, l'ape regina che controlla gerarchicamente, come fosse il generale Lee, tutte le sue ragazze. Ma non per questo è femminista il film. In realtà non si tocca nemmeno il capolavoro di Siegel, ma si ritocca il romanzo da cui L'inganno, The Beguiled, ha origine. Non è tanto la rozzezza yankee contro la raffinatezza southern delle ragazze, il bianco merlettato e ombreggiante, la luce di candela della mansion contro la miserabile astuzia seduttiva del ferito prigioniero, ma rozzo e macho, che interessa Coppola, ma decostruire i capisaldi della cultura americana: né pragmatismo industriale e cultodel profitto né decadentismo schiavistico e culto della rendita. Uscire dalla contrapposizione originaria tra piantagione e fabbrica, per rifare daccapo l'America. Senza mostri. Questa la rilettura storico politica femminista. 
  4. The shape of water di Guillermo del Toro, miglior film-saggio. Un classico horror di Jack Arnold adorato, adornato e rispettato dal cineasta messicano, entra nell'immaginario fantasy più conturbante del momento, e come in una nota a piè pagina se ne spiega lo sfondo, accuratamente: la guerra fredda, l'idiozia della Cia (non a caso formata da ex stalinisti pentiti, ma rimasti identici “dentro”) e dell'Fbi.
  5. A Ciambra di Jonas Carpignano. Migliore trasformazione di un corto in un lungometraggio. Il meno italiano nei nostri cineasti da molti anni è un cittadino di Manhattan che passa metà dell'anno in quel pezzo di Calabria (anche mafiosa) che bloccò il petrolchimico (dando una certa indicazione umanista non raccolta dall'Ilva) e che si chiama Gioia Tauro, dove attraverso il lungo sodalizio con Pio, il piccolo rom, adolescente, il peggiore dei peggiori distrugge ogni conformismo scolastico di regia, entra ed esce dalla finzione come solo Rossellini sapeva fare, e ci dà un esempio di “cinema falsità” che è più vero di ogni cinema del reale. 

A Ciambra ha vinto il referendum di Rasdio Onda Rossa.
In attesa della top ten di Film Parlato, a cura di Lorenzo Esposito, diamo alcune interessanti classifiche.
Per i Cahiers du cinema ha vinto Twin Peaks Return.
Per Sight and Sound Get out.
Per Raymond Bellour: I had nowhere to go di Douglas Gordon; Western di Valeska Grisebach; Zamas di Lucrecia Martel; Ex Libris di Fredrick Wiseman; Domain et tous le autres jours di Noemie Lvovsky.
Per Carlo Chatrian (direttore del festival di Locarno): Twin Peaks: Return; Zama, Call me by Your Nome, Three Billboard Outside: Ebbing, Missouri; Jeannette di Bruno Dumont.
Per Molly Haskell (critica statunitense femminista): Lady Bird di Greta Gerwig; I, Tonya di Craig Gillespie; The Meyerowitz Story di Noah Baumbach; Logan Lucky di Steven Soderbergh; One Mississippi di Diablo Cody e Tig Notaro.
Jonathan Rosenbaum (critico Usa): 24 Frames di Abbas Kiarostami; Let The Sunshine In di Claire Denis; Mudbound di Dee Rees; Faces Places di Agnès Varda; Twin Peaks: Return
Noel Vera (critico filippino): Twin Peaks: The Return; Silence di Martin Scorsese; A Quiet Passion di Terence Davies; Respeto di Treb Monteras II; Okja di Bong Joon-ho

(1) Federico Raponi, redattore della trasmissione di Radio Onda Rossa "Visionari" che ogni anno organizza la classifica, e ha chiesto anche i miei 5 titoli, mi ha mandato due precisazioni:
"la prima, da ascoltatore: un redattore e una trasmissione (Visionari) non rappresentano un collettivo redazionale, come è quello di ROR che tra l'altro vanta da anni una trasmissione autogestita da femministe e lesbiche, e sfido a trovarne un'altra nel panorama dell'etere nazionale.
La seconda, da giornalista: i criteri nella scelta del "mucchio selvaggio di critici italiani" sono stati sia personali (amicizia/stima) sia professionali (precedenti partecipazioni - a vario titolo - alla trasmissione/autorevolezza/visibilità di chi muove il cinema in Italia oppure ne scrive e ne parla). Questo tenendo anche conto della parità di genere, cosa che del resto faccio per tutto il resto dell'anno. In questo caso, però, non ho trovato alternative convincenti alla scelta finale, con un rapporto di 12 a 3 ".

Bisogna riconoscere che non è un problema solo dei Visionari e dell'Italia. La classifica di "Sight and Sound" è stata redatta con un rapporto simile: 12 critiche e 28 critici.



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